PRESTAZIONI & SERVIZI

Dott. Valerio Sebastiano Amico

Prenota ora una visita

Sindrome di De Quervain - Catania

La sindrome di De Quervain si manifesta con dolore al polso e con più o meno impotenza funzionale nello svolgere le più semplici attività della vita quotidiana. Si tratta di una tenosinovite stenosante dei tendini dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve del pollice a livello del polso. Il canale osteofibroso attraverso cui i due tendini scorrono può andare incontro a un restringimento e quindi comprimere i tendini stessi, causando infiammazione e dolore. È la più comune tendinopatia della mano e del polso, colpisce lo 0.5% degli uomini e l’1.3% delle donne, con un picco di prevalenza tra i 40 e i 50 anni. L’eziologia non è chiara, ma ci sono fattori predisponenti tra cui i movimenti ripetitivi del pollice, associati alla deviazione radiale o ulnare del carpo, che spesso si verifica durante le attività lavorative ripetute (ad esempio l’utilizzo del mouse). Altri fattori che possono influire sulla patologia sono la predisposizione genetica e le varianti anatomiche del canale osteofibroso al polso.  Già all’inizio degli anni ’90 era stata notata un’aumentata incidenza di questa patologia nelle donne in gravidanza e durante l’allattamento. La causa sarebbe infatti da ricercarsi nella posizione della mano e in particolare del pollice(in estensione e abduzione), mantenuta per lungo tempo dalla madre durante l’allattamento del neonato. Un’altra teoria sostiene che l’insorgenza della patologia nelle neo mamme sia dovuta anche a fattori ormonali, tra cui la prolattina, la quale resta elevata durante la gravidanza e fino a 3-4 mesi dopo il parto, anche se resta da chiarire il meccanismo alla base di questa associazione.  La sindrome di De Quervain si manifesta con dolore acuto localizzato nella regione della stiloide radiale, che può irradiarsi alla superficie laterale del polso e dell’avambraccio, associato a impotenza funzionale nelle più comuni attività quotidiane. In particolare, il dolore aumenta in quei movimenti di torsione o flessione ulnare del polso con flessione del pollice, che comportano lo stiramento dei tendini coinvolti, come ad esempio aprire una bottiglia d’acqua o stringere il tappo di un barattolo. Il segno patognomico di questa condizione è la positività al test di Finkelstein, che consiste nell’evocazione del dolore alla flessione del pollice sul palmo unita alla deviazione ulnare del polso. La diagnosi è quindi clinica, anche se può essere completata da esami strumentali. Una radiografia della mano e del polso può essere utile per escludere altre cause di dolore con simile localizzazione (come ad esempio la rizoartrosi), mentre l’esame più utile per la conferma diagnostica è rappresentato dall’ecografia, che permette di studiare l’aspetto e lo scorrimento dei tendini e delle guaine e di verificare la gravità dell’infiammazione e dell’eventuale ispessimento del retinacolo in cui sono contenuti.   Per quanto riguarda il trattamento, esistono diverse opzioni terapeutiche con indicazioni differenti in base alla gravità del quadro clinico. Il trattamento è, nella stragrande maggioranza dei casi, di tipo conservativo, trattandosi di una patologia benigna ad andamento autolimitante. Le possibilità terapeutiche per le forme lievi includono l’utilizzo della crioterapia associata a tutori di immobilizzazione del polso e pollice, che favoriscono il mantenimento di una posizione neutra del polso e del primo dito, evitando lo stiramento dei tendini interessati. A queste misure vanno associate la fisioterapia e la terapia occupazionale, per il graduale recupero dell’articolarità del polso e del primo dito, il rinforzo dei muscoli che stabilizzano il polso e l’addestramento e l’educazione del paziente a svolgere le normali attività della vita quotidiana senza sovraccaricare i tendini del primo compartimento. Nei casi di dolore importante e fortemente limitante le attività è possibile associare una terapia farmacologica che riduca in breve tempo la sintomatologia algica. L’utilizzo di FANS per via sistemica è generalmente consigliato, ma la durata della terapia dovrebbe essere il più breve possibile. Negli ultimi anni sempre più studi hanno documentato l’efficacia del trattamento infiltrativo per ottenere una rapida risoluzione della sintomatologia dolorosa. Questa consiste nell’iniezione peritendinea di una piccola quantità di un corticosteroide a lunga durata d’azione, eventualmente associata ad un anestetico locale. Questa procedura, specialmente quando eseguita sotto guida ecografica, massimizza gli effetti antinfiammatori e analgesici del derivato steroideo, riducendo al minimo gli effetti collaterali: monitorando il posizionamento dell’ago all’interno della guaina tendinea si evitano le complicanze locali del cortisone, tra cui atrofia del tessuto adiposo sottocutaneo e la depigmentazione cutanea. Un recente studio ha dimostrato un’efficacia del 52% dopo singola infiltrazione, e del 73% con due infiltrazioni, eseguite a distanza di un mese.